Rischiereste delle vite umane per salvare un robot?
Sembra che non ci si sia motivo di preoccuparsi: rischiare la vita o l'intero benessere degli esseri umani per preservare un robot non avrebbe alcun senso. Tuttavia, un nuovo studio suggerisce che molti di noi lo farebbero, purché il robot sembri abbastanza umano. Dunque, quale sarà il limite?
Uno degli modi che permette diversi tipi di automazione prevede l'uso di robot dotati di intelligenza artificiale, "addestrati" a svolgere compiti pericolosi che potrebbero comportare il rischio di lesioni o morte per gli esseri umani, come il salvataggio subacqueo, le attività minerarie, i lavori industriali a temperature elevate o ambienti estremi. Il robot "senza vita" può assumersi il rischio e, alla fine della giornata, il massimo che si è potuto perdere è una semplice macchina piuttosto che una preziosa vita umana.
Il cinico tra di voi potrebbe già pensare che i proprietari di un'attrezzatura sufficientemente costosa potrebbero rischiare la vita di una classe di esseri umani svantaggiati pur di salvare il robot. Ma andiamo un po' più a fondo nella questione...
Che misura è un robot?
Uno studio condotto da Sari Nijssen della Radboud University di Nijmegen in Olanda e Markus Paulus, professore di Psicologia dello sviluppo alla Ludwig-Maximilians-Universitaet (LMU) di Monaco di Baviera, mirava a scoprire in che misura le persone mostrano interesse per i robot e dove le macchine riescono ad arrivare in termini di calcolo morale.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Social Cognition, si propone di scoprire in quali circostanze e in quale misura gli adulti sarebbero disposti a sacrificare robot per salvare vite umane?
Si è trattato di porre ai partecipanti un ipotetico dilemma morale basato sul classico problema del carrello, che ha anche una certa trazione nella ricerca sull'autoguida. La domanda è semplice: sareste disposti a mettere a rischio un singolo individuo per salvare un gruppo di persone ferite? Negli scenari presentati la vittima sacrificale era un umano, o un robot umanoide con fisionomia antropomorfa umanizzata, oppure un robot non umanoide.
Quanto è facile regalare emozioni a un robot? In Star Trek, è bastato un semplice chip:
I risultati hanno mostrato una tendenza prevedibile che è andata oltre le mie aspettative: più il robot veniva umanizzato, meno i partecipanti erano disposti a sacrificarlo. Questo ha senso, poiché è più probabile percepire del valore in un robot umanizzato come quelli di Star Trek o L'uomo bicentenario piuttosto che in uno che sembra un tostapane. Quanto siano intelligenti non importa praticamente a nessuno a quanto pare.
Alcuni scenari includevano storie di adescamento in cui il robot veniva raffigurato come se avesse pensieri propri, sentimenti e percezioni. In questo caso, i partecipanti erano più propensi a mettere a rischio gli esseri umani anonimi piuttosto che danneggiare il robot. Molti soggetti erano persino disposti a sacrificare gli esseri umani feriti per risparmiare la macchina. Questo nonostante il fatto che erano in ballo i pensieri e i sentimenti degli esseri umani coinvolti.
Secondo Paulus "questo risultato indica che il nostro gruppo di studio ha attribuito un certo status morale al robot. Una possibile implicazione di questa scoperta è che i tentativi di umanizzare i robot non dovrebbero andare troppo lontano. Tali sforzi potrebbero entrare in conflitto con la loro funzione e, dunque, essere di aiuto per noi".
L'empatia è la chiave, ma è anche una trappola
Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale non si tradurrà necessariamente in robot con coscienza nel modo in cui la intendiamo noi. Come ho scritto in precedenza, anche le macchine più sofisticate e intelligenti non possono in alcun modo pensare come un cervello organico. AI non significa creare una macchina in grado di pensare come un essere umano, ma una che possa imitare tale azione. Come l'AI è capace di gestire sempre più compiti, dovremo essere più attenti a come utilizziamo il termine "intelligenza", per evitare di cadere nella trappola dei robot iperantropomorfi.
L'idea di creare un essere umano artificiale è un sogno fantascientifico della nostra specie che abbiamo anche potuto vedere concretizzarsi in alcuni film contemporanei con protagonisti androidi dotati di vita propria e emozioni. L'ondata emergente di esseri virtuali include non solo rappresentazioni olografiche e VR, ma anche robot androidi apparentemente umani nello spazio fisico.
Il problema con i robot umanoidi è che, sebbene non ci siano prove che l'AI possa avere una coscienza, emozione o anche solo qualcosa che possa avvicinarsi a questi termini, può diventare piuttosto convincente, soprattutto per gli utenti profani. I progressi nell'elaborazione del linguaggio naturale, o PNL, fanno sì che l'uomo possa comunicare con le macchine tramite la voce e sentire le loro risposte con una voce naturale, con inflessioni emotive che dimostrano come l'intelligenza artificiale sia in grado di ricordare le nostre interazioni passate, in modo da regolare addirittura il il tono della voce e simulare le emozioni. Dopo tutto, custodisce un'enorme quantità di dati video e audio da cui poter imparare.
L'AI con sembianze umane è certamente attraente. In primo luogo, innesca il nostro senso di meraviglia nel vedere una tale meraviglia tecnologica e impegna la nostra naturale empatia che abbiamo verso la nostra specie. In un futuro in cui i robot potrebbero essere i nostri maggiordomi, medici e terapisti, questo potrebbe essere un vantaggio fantastico anche per la loro funzione.
Il problema, naturalmente, è che rimane una manipolazione emotiva da parte di qualcosa che non potrà mai ricambiare la nostra empatia e tali istituti non agiscono necessariamente senza pregiudizi. Ad esempio, il maggiordomo AI del futuro potrebbe arrivare per mano di Amazon, una specie di Alexa più avanzato che potrebbe convincervi ad acquistare prodotti dal famoso negozio online piuttosto che dalla concorrenza.
Creare esseri umani tramite l'intelligenza artificiale può essere un obiettivo lodevole e qualcosa di primordiale sembra spingerci verso di essa, ma, come dimostra lo studio, potrebbe essere una trappola. Finché c'è un punto in cui siamo disposti a sacrificare gli esseri umani esterni al diretto interessato (sconosciuti o persone senza nome) per preservare il robot "amico", è necessario fare attenzione ed essere consapevoli della differenza tra realtà e illusione, anche se l'hype di marketing farà del suo meglio per offuscarla.
Cosa ne pensate di questo studio sugli umanoidi? Dovremmo svilupparli?
Fonte: Social Cognition
Contenuti editoriali consigliati
Con il vostro consenso, qui vengono caricati contenuti esterni.
Facendo clic sul pulsante qui sopra, l'utente accetta che vengano visualizzati contenuti esterni. I dati personali possono essere trasmessi a fornitori terzi. Per ulteriori informazioni al riguardo, consultare il nostro sito Informativa sulla privacy.