Root e Jailbreak sono davvero la stessa cosa?
Abbiamo sentito dire più volte la frase "basta fare il jailbreak ad un iPhone per sopperire al problema della personalizzazione e raggiungere lo stesso livello di un dispositivo Android". Se possiamo dare ragione alla prima parte di questa affermazione, la seconda proprio non possiamo accettarla. Ancora meno se mettiamo a confronto le possibilità ottenute in seguito al jailbreak con quelle offerte invece dai permessi di root: vediamo perché!
Entrambe le procedure mirano all’acquisizione di permessi con i quali è possibile scavalcare le limitazioni imposte dai produttori e dai dispositivi stessi. Nonostante questo, i due procedimenti differiscono sostanzialmente, ma non vogliamo entrare in discorsi troppo tecnici: esaminiamo piuttosto quali sono i vantaggi derivati da Jailbreak e Root per fare una valutazione oggettiva e comprensibile anche ai meno esperti.
iPhone e personalizzazione: un ossimoro?
Le prime cose che vengono in mente ad una persona pensando ad un’iPhone sono: “ottimo design e qualità costruttiva, stabile, costoso”. Quelle che invece passano per la testa di un utente medio Android sono: “ottimo design e qualità costruttiva, stabile, costoso, ma personalizzabile come un calzino bucato”.
La personalizzazione, fin dai livelli più bassi (cambiare icone, posizione, sfondi, etc.), è sempre stata il punto debole degli smartphone Apple, ma per assurdo anche il loro punto di forza: un sistema chiuso è la chiave per ottenere un sistema stabile, senza fare troppa fatica. Pensate ai vecchi telefoni, ve ne si è mai impallato uno?
Oltre alla personalizzazione, anche la libertà di comunicazione è castrata da Apple, basti pensare al Bluetooth il cui funzionamento e relegato agli altri iPhone; da tutte queste limitazioni, non poteva che nascere l’esigenza di creare una procedura con la quale superarli e prendere una boccata d’aria all’esterno della gabbia Apple.
Jailbreak iPhone: la via di fuga
Lo scopo del jailbreak è quello di spezzare le catene ed, appunto, evadere da questa iPrigione in cui si trovano tutti gli utenti Apple. Effettuare il Jailbreak essenzialmente “sblocca” gli iPhone, permettendo di installare app di terze parti che non sono sotto lo sguardo attento di Sauron Apple. Il market alternativo più famoso è senza alcun dubbio Cydia.
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Oltre alle app esterne all’Apple Store, si possono installare tweak che permettono di personalizzare gli iPhone, ad esempio modificare la homescreen, aggiungere impostazioni, sbloccare il Bluetooth, usare due app contemporaneamente o ridurre la dimensione dello schermo e della tastiera in stile Note di Samsung (opzione “Uso con una mano”).
Insomma, il Jailbreak serve a togliere le limitazioni imposte da Apple ed aggiungere qualche funzionalità in più, ma nei limiti di quanto permesso da un sistema operativo chiuso come è iOS.
Android è personalizzazione
Non è un errore: Android potrebbe tranquillamente essere un sinonimo di personalizzazione. Stiamo parlando di un sistema operativo libero che chiunque, e ripeto chiunque, può prendere e personalizzare come vuole. Cosa che infatti fanno tutti i produttori di dispositivi Android: partono da Android puro e lo modificano con interfacce e funzioni proprietarie (un device Samsung è diverso da un device HTC, come lo è da un Sony e via dicendo, a prescindere dalla versione di Android installata).
Non solo i produttori, ma anche gli sviluppatori indipendenti possono partire dalle basi di Android e modificarlo o migliorarlo: avete mai sentito parlare di custom ROM? Cyanogen, MIUI, Paranoid e tutti gli altri team di sviluppo modificano il sistema a loro piacimento, ma a differenza dei produttori puntano unicamente a massimizzare le performance e le funzionalità avanzate (nonostante questo non è sempre detto che siano migliori delle soluzioni di Samsung, HTC ed altri brand).
Gli unici dispositivi con cui possiamo godere di Android così come mamma Google l’ha fatto, sono quelli della serie Nexus. La stragrande diversità di dispositivi Android, ognuno con il suo particolare hardware, costringe gli sviluppatori a modellare il sistema ad-hoc per quel dispositivo ed è da qui che nasce il problema della frammentarietà di Android: gli aggiornamenti non arrivano a tutti nello stesso momento, le app possono avere problemi su alcuni dispositivi, il sistema potrebbe non essere messo a puntino e causare qualche bug/rallentamento.
Ma in un sistema così libero e personalizzabile, a cosa serve il root? Beh, chi ha già il potere vuole ottenere solamente una cosa: ancora più potere!
I permessi di root
Lo scopo del root è quello di diventare padroni assoluti del proprio dispositivo, di diventarne gli amministratori; questo vuol dire che con i permessi di root potremo fare letteralmente qualsiasi cosa: ottenere caratteristiche esclusive di altri dispositivi, usare funzioni avanzate che agiscono in profondità sul sistema, accedere e modificare qualsiasi file contenuto sul nostro dispositivo, anche nelle partizioni di sistema e molto altro ancora.
Avendo il pieno controllo del proprio smartphone sarà inoltre possibile sostituire il software flashando ad esempio delle custom ROM compatibili, magari con le ultime versioni di Android altrimenti precluse. Oltre al firmware potremo cambiare anche il kernel, adibito alla comunicazione software-hardware, ed ottenere la possibilità di effettuare overclock del processore. Senza contare che il root può essere usato per utilizzare trucchi/patch per risolvere i più svariati problemi, dalla connettività (WIFI, tethering, etc.) alla batteria.
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In definitiva, il root non serve a spezzare le catene ma a spalancare ancora di più le porte della personalizzazione.
Conclusioni
Come avete potuto vedere, jailbreak e root hanno origine e destinazione differenti: il primo è un modo per superare alcune limitazioni imposte e aggiungere un paio di funzioni, il secondo ha lo scopo di rendervi amministratori del vostro dispositivo e farne tutto ciò che volete, il cui limite sta solo nella fantasia e nell’interesse dimostrato dagli sviluppatori nei confronti del vostro modello.
In parole ancora più semplici, un iPhone con jailbreak si avvicina a quello che qualsiasi Android può già fare senza root. Adesso sapete cosa rispondere quando si paragonano queste due procedure nettamente distinte!
Non ha più senso effettuare il Jailbreak sui device Apple. Un iPhone 5 di tre anni fa, per quanto riguarda il software, fa tutto quello che fa un iPhone 6 Plus a parte il touch ID che in Italia non è ancora abilitato e le foto di qualità superiore. Prima era necessario per abilitare certe funzionalità indispensabili come Camcorder (negato ad iPhone 3G) , i navigatori satellitari (Sygic fu il primo su Cydia) , Siri, Skype col 3G, eccetera. Ora Saurik (non dino-Sauron, anche se sembra in effetti un troglodita ;-) ) da programmatore potrei definirlo "deprecato" o semplicemente inutile. Il mobile substrate rende instabile il sistema e divora la batteria, anche se certe app "vietate" sono ancora utili. Ma l'interfaccia di Jony Ive è così apprezzata che ormai a pochi viene in mente di stravolgerla. I tweak attuali servono principalmente ad aggiungere funzionalità perfettamente integrate nel layout standard.
Il root per Android purtroppo è ancora indispensabile per risolvere o aggirare un sacco di problemi come il Memory Leak su Lollipop, ma anche fastidi minori come il fatto di non poter scrivere su una microSD con KitKat, oppure per installare app fondamentali come LINK2SD o Xposed..