Perché le aziende tecnologiche sono improvvisamente interessate alla nostra salute?
È incredibile quante aziende s’interessano improvvisamente alla nostra salute e al nostro benessere. Produttori e sviluppatori, senza eccezione, vestono oggi i panni di filantropi. Nonostante ciò che propongono sia prima di tutto una reazione a un problema, ci chiediamo se non si tratti semplicemente di ipocrisia.
Ipocrisia o filantropia?
Vi ricordate quando Apple e Google hanno iniziato a interessarsi al nostro "benessere digitale"? Nella nuova versione dei loro sistemi operativi permettono di monitorare meglio l'uso che gli utenti fanno del proprio smartphone e, eventualmente, di agire se si nota troppa dipendenza. Fa sorridere il fatto che siano proprio quelle aziende che hanno fatto di tutto per rendere dipendenti i loro utenti: il loro modello di business si basa proprio sull'uso (o meglio sulla dipendenza) dei loro utenti.
Poiché questo è ormai difficile da accettare, eticamente parlando, in seguito a tutti i problemi di dipendenza, socialità e altri ancora che si sono manifestati negli ultimi anni, i giganti della tecnologia stanno facendo marcia indietro, affermando di voler aiutare le persone che si sono "ammalate". Certo, hanno dovuto reagire perché erano sopraffatti dalla portata del problema, ma la situazione, di per sé, è piuttosto comica (o triste, a seconda del punto di vista).
L'ipocrisia non è sempre così palese. Molti produttori e sviluppatori adottano la stessa strategia, in maniera meno evidente, a tal punto che non è più possibile distinguere le aziende ipocrite da quelle genuine (ma molto più rare) con vere virtù filantropiche. In ogni caso, se Facebook e le sue varie applicazioni sono tra le più gettonate in termini di spreco di tempo e quindi di disintossicazione, sono senza dubbio quelle che fanno più fatica a convincere le persone della loro buona fede perché la ricerca della dipendenza dell'utente è scritta nel DNA dei social network.
L'intenzione è discutibile ma la causa è giusta
Che si tratti di cavalcare l'onda del "digital wellbeing" o di scalare la montagna della beneficienza, bisogna riconoscere che queste applicazioni, servizi e dispositivi possono migliorare la vita quotidiana degli utenti. Ho avuto l'opportunità di parlare con uno dei dirigenti di MOBVOI, l'azienda dietro gli orologi Ticwatch, e la sua idea è molto interessante: per combattere la dipendenza dai dispositivi mobili, ritiene che i dispositivi collegati (e più in particolare gli orologi) siano la risposta per ristabilire l'equilibrio.
Lo ha illustrato con un'immagine: se siete ad una cena romantica sarebbe inopportuno sfilare lo smartphone dalla tasca e guardare chi vi ha scritto. Un orologio collegato è una soluzione molto più discreta e flessibile: lo utilizzate nella giusta situazione, ottenete le informazioni necessarie e decidete se, quando e come reagire (un orologio non è il dispositivo ideale per inviare messaggi, ha una funzione piuttosto passiva).
Questo solleva un argomento interessante: risolvere un problema di un dispositivo con un altro dispositivo. Sembra una soluzione piuttosto curiosa, ma è certamente una soluzione destinata solo ad alcuni utenti. In ogni caso, nella pratica, gli accessori collegati MOBVOI (e in particolare i suoi orologi) hanno dimostrato il loro valore.
Dal marketing al trattamento medico
Alcuni produttori hanno ambizioni ben più grandi: alcuni dispositivi connessi si propongono come soluzioni a veri e propri problemi di salute. Possiamo citare, ad esempio, SmartSleep di Philips, che ha lo scopo di aiutare le persone con problemi di insonnia. Anche in questo caso, sorge la domanda: dietro l’idea, quali sono le vere intenzioni? Comunque, potremmo dire se questo dispositivo funziona veramente una volta ricevuto il nostro modello di prova e testato nelle nostre nottate insonni. Quello che è certo è che se funziona così come sostiene Philips, è un'invenzione che merita di essere conosciuta.
Un altro esempio: Google (e altre aziende) lavorano da tempo a un sistema di misurazione del diabete tramite un bracciale speciale, in modo che il risultato possa essere visualizzato sul loro smartphone. L'ipocrisia la fa da padrona (si tratta di Google, quindi non sorgono molti dubbi a riguardo), e probabilmente ci ritroveremo elementi del suo ecosistema, ma anche in questo caso, se l'obiettivo è raggiunto, è un grande vantaggio per i malati.
In breve, la salute dell'utente è usata come argomento, a torto o a ragione, per giustificare l'acquisto e/o l'uso di servizi o prodotti che potrebbero persino non funzionare correttamente. Tuttavia, in campo medico, tutte le soluzioni sono da prendere per buone... nella misura in cui funzionino.
Cosa ne pensate del benessere che queste aziende tentano di vendere insieme ai loro prodotti e servizi?