In che modo l'Intelligenza Artificiale cambierà il modo in cui viene combattuta la guerra?
Conoscete l'Intelligenza Artificiale per il suo ruolo nelle fotocamere e nelle playlist di Spotify, o forse siete ottimisti e ricorderete il suo ruolo nello screening dei tumori. Eppure, come molte tecnologie, l'IA è una lama a doppio taglio e oggi ci concentreremo su uno dei suoi lati oscuri, prendendo in considerazione tecnologie e (geo)politica.
La tecnologia come motore della guerra
Molte cose sono cambiate nel corso della storia e il modo in cui viene fatta la guerra non fa eccezione. Sun Tzu ha detto 5 secoli a.C. che "l'arte della guerra è quella di sottomettere il nemico senza combattere" ma sembra che nessuno lo voglia ascoltare. Si può notare come la più grande caratteristica della guerra sia il combattimento e, più specificamente, la morte e la sofferenza di molte persone, sia militari che civili.
Nonostante il numero di combattenti sia stato a lungo un simbolo del potere di un esercito, la tecnologia è diventata l'elemento che può garantire il successo in una battaglia. In un'epoca in cui la tecnologia è in continua evoluzione, questa parola non è forse la scelta migliore nel contesto della guerra, è chiaro che anche l'armamento dei Paesi svolge un ruolo in un contesto geopolitico già difficile.
Nel 1983, François Mitterrand ha dichiarato in Belgio che "il pacifismo è in Occidente, gli euromissili sono in Oriente". Questa frase, che ovviamente ha assunto tutto il suo significato nel contesto della guerra fredda, è di fatto ancora attuale, con la differenza che non si tratta più di euromissili, ma di una tecnologia di combattimento molto più avanzata: quella basata sull'IA.
Diversi eserciti, diverse concezioni della situazione
Diverse scuole di pensiero si sono sviluppate a seguito delle numerose guerre in Europa e negli Stati Uniti. I valori pacifisti che ne derivano hanno assunto molte forme, il più noto è probabilmente il movimento hippie, almeno inizialmente, negli Stati Uniti. Questi movimenti hanno quindi una visione molto negativa dell'impatto che la tecnologia dell'Intelligenza Artificiale può avere sul combattimento e si oppongono all'uso e allo sviluppo di queste tecnologie per scopi militari.
Così, quando Google ha lavorato con l'esercito americano, molte voci si sono fatte sentire. La Electronic Frontier Foundation, un'organizzazione no-profit che difende le libertà civili nel mondo digitale, è uno dei tanti attivisti contro l'uso dell'IA nelle armi in qualsiasi forma. Anche molti dipendenti di Google si oppongono alla cooperazione tra i militari e l'azienda. Quest'ultima ovviamente ha dichiarato di lavorare sulle caratteristiche dell'IA per il riconoscimento solo "per usi non offensivi", dopo aver spiegato che fornirà esclusivamente un'API TensorFlow.
La parola di Google è in dubbio e fa ringhiare molte persone ma la tendenza è chiara: l'Occidente non vuole vedere giganti tecnologici americani che lavorano per l'esercito. Le aziende tecnologiche, che amano usare e abusare della loro retorica per difendere le (micro)aziende (come quando la politica di immigrazione di Trump ha avuto un impatto sulla sua forza lavoro), sembrano opporsi alla cooperazione militare.
E l'est? Baidu, soprannominato il Google cinese, è il più grande gigante tecnologico in termini di IA e si è unito al club privato chiamato Parternship on AI, un consorzio che mira a garantire le migliori e sicure pratiche dell'intelligenza artificiale. In questo gruppo troviamo anche Facebook, Google, Amazon, Sony, Intel, Microsoft e molti altri grandi nomi. Naturalmente, anche altri grandi gruppi cinesi (Huawei, Tencent, Xiaomi...) sono interessati all'AI e, a differenza di quanto sta accadendo in Occidente, lavorano direttamente con il governo e non sono sotto la pressione dei gruppi di pacifisti. Altrettanto interessante è il fatto che aziende non specializzate in tecnologia stanno ricevendo assistenza dal governo cinese per espandere la ricerca sull'IA.
Le ambizioni della Cina in termini di Intelligenza Artificiale sono ancora più chiare, in quanto il Presidente ha decretato che la Cina "sarà il più grande centro al mondo per l'innovazione dell'intelligenza artificiale". In pratica, la Cina sta facendo del suo meglio per raggiungere questo obiettivo (e non esita a inserire i membri del governo nel comitato aziendale) e magari per mantenere i propri interessi. Con una popolazione di oltre 1,3 miliardi di persone, le banche dati dell'IA sono ben popolate (e non mancano le risorse umane per lavorarci sopra). Non si deve però pensare che il mercato sia limitato a grandi gruppi, molte start-up stanno studiando l'argomento come nel caso di SenseTime che riceve fondi anche da Alibaba, un altro gigante cinese. In termini di sostanza, la Cina avrebbe investito 12 miliardi nell'AI nel 2017, la cifra dovrebbe salire a 70 miliardi nel 2020, secondo un ufficiale militare del Pentagono.
Una guerra a due livelli
Alcuni giornali (in particolare il New York Times) stanno esaminando l'argomento e Wired non esita a confrontare la situazione attuale direttamente con la Guerra Fredda. La corsa agli armamenti non è più basata sull'energia nucleare ma sull'Intelligenza Artificiale. La collaborazione tra le imprese e lo Stato cinese ha un chiaro vantaggio militare e solleva alcuni interrogativi, tra cui questo: i giganti tecnologici americani dovrebbero lavorare con la NATO per poter tenere il passo?
Come spiegato sopra, l'idea delle guerre è preoccupante. Elon Musk ha partecipato al dibattito rispondendo a un tweet di The Verge con un singolo "Così ha inizio...". In questo tweet si faceva riferimento a Vladimir Putin che ha spiegato che colui che dominerà l'Intelligenza Artificiale sarà il padrone del mondo.
It begins ... https://t.co/mbjw5hWC5J
— Elon Musk (@elonmusk) 4 settembre 2017
Tutto questo dimostra ancora una volta la doppia natura delle tecnologie che possono consentire il meglio, lo abbiamo visto nelle applicazioni mediche dell'IA, come anche il peggio che abbiamo descritto qui.